Nel 1841 Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor), talentuoso violinista di colore, vive libero nello Stato di New York con la sua famiglia. Un giorno però viene rapito e portato senza documenti in Louisiana, dove rimarrà in schiavitù per 12 anni; dapprima al servizio del comprensivo William Ford (Benedict Cumberbatch), viene preso di mira dal capo-carpentiere Tibeats (Paul Dano) e poi trasferito dal padrone Edwin Epps (Michael Fassbender), un uomo crudele e ossessionato dalla giovane schiava Patsey (Lupita Nyong’o). La lotta per non cedere alle bassezze che simili circostanze richiederebbero è estenuante. Quando il canadese Samuel Bass (Brad Pitt), carpentiere giunto per lavorare da Epps, scoprirà la sua storia e rintraccerà la famiglia di Solomon per porre fine alla sua schiavitù.
Steve McQueen, prima con Hunger e poi con Shame, ha sempre scelto di esplorare la condizione umana portata ad un eccesso sia fisico sia psichico: non è diverso 12 anni schiavo, come ovviamente dimostrano titolo e trama. Una trama che non sviluppa nulla di nuovo affrontando le tematiche di schiavitù e razzismo, ma che tenta di svelare quanto lo schiavismo sia stato importante nel tessuto economico oltre che sociale del Paese: McQueen ci prova, o meglio, Solomon Northup ci prova scrivendo la propria biografia nel 1853; ma la pellicola resta inevitabilmente impantanata nel semplicistico dualismo di vittime e carnefici che ben fa funzionare un film, ma costeggiando, senza osare troppo, l’accusa ad uno Stato ipocrita più che al singolo “uomo bianco” razzista.
Nonostante ciò, 12 anni schiavo non delude per la forza narrativa delle sue immagini: non solo quelle paesaggistiche, brevi ma davvero suggestive, ma anche quelle crude e violente, tra fustigazioni e offese verbali, scene su cui il regista si sofferma molto, quel tanto che basta per suscitare immedesimazione nello spettatore. Se il film funziona è merito degli attori, su tutti il protagonista Chiwetel Ejiofor, che senza sfoggiare espressioni facilmente patetiche, riesce a comunicare rabbia e rassegnazione. Fassbender, come sempre bravissimo, qui è alle prese con un personaggio per niente semplice, e si fa notare Paul Giamatti, che all’inizio interpreta il venditore di schiavi confermando la sua grande abilità nel passare da ruoli leggeri e comici a quelli più spietati e drammatici. Brad Pitt, che è anche produttore della pellicola, ricopre una funzione di deus ex machina un po’ frettolosa e banale, ma è pur vero che 12 anni schiavo di McQueen cede ampiamente ai giochi narrativi e un po’ retorici del cinema di massa.
Un film eccellente dal punto di vista registico, in grande contrapposizione con la brutalità e violenza dei temi trattati, 12 anni schiavo conquisterà certamente pubblico e giurie. Favoritissimo nell’imminente chermesse degli Oscar, è candidato in ben 9 categorie: Miglior film, Miglior regista, Miglior attore protagonista, Miglior attore non protagonista, Miglior attrice non protagonista, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior montaggio, Miglior scenografia, Migliori costumi.
Giorgio Raulli