I due grandi amici Fioravante (John Turturro) e Murray (Woody Allen), spinti da una difficile situazione economica, decidono di approdare ad uno dei mestieri più antichi e discussi: il primo, con il nome di Virgil, s’improvvisa gigolò, il secondo, con il nickname di Bongo, si fa manager dell’amico. Tra le varie esperienze, Fioravante avrà a che fare con una coppia di donne alla ricerca di forti emozioni (Sharon Stone e Sofia Vergara) e con la bella vedova Avigal (Vanessa Paradis), una donna che susciterà nel protagonista sentimenti che provocheranno la gelosia di Dovi (Liev Schreiber), innamorato di lei da sempre. Bongo/Murray, dal canto suo, apprenderà presto che essere un protettore non è affatto facile.
Al suo quarto film come regista – quinto come sceneggiatore – Turturro sfoggia tutta la sua eleganza nel mettere in scena una storia non troppo originale, ma sapientemente raccontata, grazie ad un cast ottimo, a intrecci divertenti e anche a quel tocco raffinato fatto di luci suggestive e autunnali, jazz, e una New York – in particolare Brooklyn – sempre bellissima. Gigolò per caso ha molto del cinema di Woody Allen, uno stile che permea profondamente la pellicola soprattutto grazie alla performance di Allen stesso: il personaggio di Murray sembra essere perfettamente uscito dalla mente del famoso regista, tra nevrosi e crisi, un po’ cinico e sempre in conflitto con la sua natura ebraica.
Turturro ha puntato molto sull’amicizia dei due protagonisti, quasi a sottolineare l’importanza di un rapporto tanto profondo e mai scontato, specie se si cerca di superare un senso di vuoto e di voglia d’affetto. Una riflessione che si sposa alla perfezione con il tema principe del film, ovvero il sesso a pagamento: le donne che si rivolgono a Virgil cercano un’attenzione che non si riduce solo alla sfera sessuale; il successo del gigolò Virgil non nasce certo dalla bellezza estetica, ma piuttosto dal suo comportamento fascinoso, dal suo fare da gentiluomo, dalla sua capacità di restare in ascolto di fronte a donne tutt’altro che semplici da capire.
Una visione della donna molto lontana da quella ben nota di Woody Allen, segno distintivo che Turturro ha saputo gestire con maestria tutti gli elementi a sua disposizione per dare vita ad una brillante commedia.
Giorgio Raulli